Gary Oldman e gli Anni ‘70
Tensione e narrazione vivono perfettamente anche in assenza di azione.
E possono farlo in modo sublime. Ce lo dimostra in questa sua opera seconda* il regista Tomas Alfredson che ha scelto un classico di Le Carrè per raccontare gli Anni ’70 e al contempo i meccanismi che muovono l’essere umano.
La Talpa è un film che ti prende per mano dalla prima inquadratura e ti accompagna in un’atmosfera (oltre che in una storia col suo intreccio) fatta di sguardi, luci, ombre, movimenti di macchina e un cast perfetto sul quale eccelle un Gary Oldman sempre grande.
La storia si dipana mentre la mdp sale e scende insieme al montacarichi degli uffici dell’Intelligence britannica che per anni ha portato su e giù scartoffie, documenti, segreti, diventando testimone di grandi intrighi internazionali.
Un continuo movimento verticale, basso-alto (e viceversa), che disegna gli ambienti, i rapporti, le gerarchie e che ogni qualvolta ci si sposta all’esterno si fa orizzontale, grazie a sguardi che si incrociano, seguono e sfuggono. Movimenti e soluzioni che portano alla mente (e non è certo un caso) “La conversazione” di Coppola e che come quel capolavoro – tra una montatura di occhiali e una giacca di pelle – ci lasciano il desiderio di conoscere di più e oltre. Dei risvolti della storia raccontata, ma anche della guerra fredda e di quegli anni. Che svaniscono però con i titoli di coda e le luci in sala.
This meeting never took place, do you understand?
* dell’esordio “Lasciami entrare” ne avevamo parlato qui