Oggi pomeriggio ho trascorso un’oretta con il mio prof di cinema (docente di un corso biennale che ho seguito dopo la laurea proprio perché c’era lui tra i docenti, ma credo di non averglielo mai detto) che ha presentato un cineforum sul tema del doppio che si terrà nei prossimi giorni.
Sempre in modo arguto ma diretto e chiaro è partito dal tema in questione per arrivare a parlare di arte oggi e ieri.
Il doppio è un concetto intrinseco al cinema; il regista guarda e vede e noi vediamo coi suoi occhi ma anche con i nostri, sullo schermo c’è sempre il dato reale (cioè il profilmico, ciò che si vede realmente, quello che è stato ripreso) ma filtrato dall’autore che ha deciso di farci vedere una scena in un certo modo e di riprendere o meno un attore da un determinato punto di vista.
Ma il doppio pervade tutta l’arte, dove all’apparenza delle cose (e delle opere, ove ci sono) si contrappone il suo significato, o meglio quello che l’artista vuole dargli. E partendo dall’esempio della mummia – che oggi è un’immagine dell’orrore mentre nell’antico Egitto era l’immagine della vittoria della vita sulla morte, la capacità dell’uomo di bloccare, congelare la morte e consentire alla vita di attraversare intatta il tempo – si è dibattuto un po’ sull’arte, sull’interpretazione e sulla nostra società che si basa sull’evidenza dei fatti, rimuovendo freudianamente tutto il resto (l’interpretazione, il punto di vista, la ricerca d un significato oltre l’apparenza).
E questo ha stimolato come sempre in me la fatidica domanda che mi faccio (ma credo di condividerla con molti): cosa possiamo dire che sia arte?
Ma non oggi e adesso, in questo contesto. Mi riferisco a una definizione buona in modo assoluto… bella pretesa direte voi, dal momento che sono secoli che ci provano filosofi e teorici senza giungere a una risposta univoca.
Effettivamente pur appellandosi a Kant e alla critica del giudizio o alle migliaia di opere e parole che si sono spese sull’argomento la soluzione mi pare molto lontana.
L’arte è qualcosa riconoscibile da tutti? Beh allora esisterebbero dei canoni da seguire. Kant diceva se non ricordo male che l’arte è qualcosa che non ha un fine, non è “utile”… Ma allora è più facile dire cosa non è che cercare di capire di cosa si tratta?
Beh io penso che non sia qualcosa che ha tempo, altrimenti nel XXI secolo non apprezzeremmo un dipinto del ‘500 o una chiesa romanica; ma non ha nemmeno spazio perché se per esistere dovesse occupare un luogo, le produzioni contemporanee che non sono più opere ma performance non sarebbero arte…
Vabbè, vado a farmi un gelato, non sono domande da porsi a quest’ora mentre tutti stanno incollati a vedere la partita degli europei! (per la cronaca mentre scrivo l’Italia perde 2 a 0 con l’Olanda… lo hanno appena detto alla radio)
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Il cinema, il doppio e la domanda fatidica: cosa (non) è l’arte?
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Il doppio è un concetto intrinseco al cinema; il regista guarda e vede e noi vediamo coi suoi occhi ma anche con i nostri, sullo schermo c’è sempre il dato reale (cioè il profilmico, ciò che si vede realmente, quello che è stato ripreso) ma filtrato dall’autore che ha deciso di farci vedere una scena in un certo modo e di riprendere o meno un attore da un determinato punto di vista.
Author
Cristina Bellettini